


L’ansia da prestazione: quando il trampolino ci sembra troppo alto

L’ansia: strategie per prevenirla e farsela amica

Aiuto mi sale l’ansia! Pronto intervento pratico per le crisi

Fermate il mondo, voglio scendere
Matilde si sveglia presto. Ingurgita il caffè ancora con gli occhi chiusi, in piedi, in cucina. Corre a prepararsi in bagno, gli occhi si apriranno del tutto solo dopo il secondo caffè. Secondo caffè.
Prepara la colazione al volo per il resto della famiglia. Sveglia Chiara e Marco, i suoi adorabili bambini, che anche oggi non le risparmieranno la lotta di “ancora cinque minuti” e “ma perché ci devo andare a scuola mamma? Non posso stare qui con te?”. Li aiuta a vestirsi, “hai preso la merenda?”, “nello zaino c’è tutto?”, “Marco oggi hai ginnastica, ricordati anche lo zainetto”. Un saluto veloce a Luca, il marito poi tutti in macchina.
Traffico.
Davanti alla scuola non c’è mai parcheggio. “Ciao fate i bravi, ci vediamo alle 4”. Due baci rubati. Altro traffico. Per fortuna arriva in ufficio. Certe mattine sembra quasi l’isola del tesoro. Terzo caffè.
Lavora schivando rimproveri, voci di corridoio, lavoro che non le compete ma cercano di appiopparle, la collega pettegola, il cliente che pretende il mondo ma non è mai contento. Pranza davanti allo schermo del pc per risparmiare tempo, altrimenti non riuscirà ad arrivare in tempo a prendere i bambini a scuola.
Vorrebbe un altro caffè per affrontare il dopo pasto ma il medico le ha detto di andarci piano: la sua pressione è spesso alta ed è decisamente troppo giovane per iniziare a prendere delle pillole, deve migliorare il suo stile di vita (certo, e chi ne ha il tempo?).
Finalmente è ora di uscire, oggi è andata liscia per fortuna. “Ciao bambini, è andata bene a scuola oggi?”. Ascolta le risposte e si accorge che non riesce a godersele: è tutto il giorno che corre, che vive in apnea e adesso non riesce ad ascoltarli come vorrebbe. E si sente in colpa.
La vita le sta scorrendo davanti e con essa anche quei momenti densi di senso che le scorrono sempre tra le dita perché è troppo stanca o nervosa. Ma non ci vuole pensare troppo, ora sono a casa. Merenda, compiti, preparare la cena. Arriva Luca, stanco e un po’ nervoso dopo il lavoro.
Cena tutti insieme, l’unico momento in cui riescono a parlarsi e a condividere la giornata. Purtroppo spesso lei è nervosa, Luca è nervoso e i bambini sentono la tensione e di riflesso sono agitati e capricciosi. Ma non ci pensa, è ora di sparecchiare, lavare i piatti, mentre Luca fa lavare i denti e mettere il pigiama ai bambini.
Finalmente divano.
Qualche abbraccio davanti alla tv, poi arriva la nuova lotta per andare a nanna “mamma non sono stanca, voglio stare con voi”, “anche io mamma non ho sonno”. Finalmente soli. Relax. Neanche il tempo di pensarlo che la stanchezza della giornata bussa alla porta e con lei quel senso di ansia, respiro corto. Meglio andare a dormire.
Domani di ricomincia.
Incontro molte Matilde nel mio lavoro, donne che corrono dietro al tempo e alle giornate così velocemente che si dimenticano di viverle. Pensano che quello sia l’unico modo, l’unica strada per fare tutto quello che c’è da fare, incastrare tutti gli impegni, essere delle mamme perfette, mogli perfette, impiegate perfette.
Fino a quando il corpo o la vita stessa non inizia a farsi sentire, a chiedere il conto di quei respiri trattenuti, dei sensi di colpa, dei desideri inespressi, dei “non pensiamoci, non voglio starci male”. Le modalità di farsi sentire sono molteplici, e quasi mai piacevoli: ansia, fatica ad addormentarsi, nervosismo onnipresente, in un crescendo di difficoltà spesso emotive ma altrettanto spesso relazionali e fisiche.
Le cose iniziano a cambiare il giorno in cui Matilde si accorge di non poter essere perfetta. E che va proprio bene così. Capisce di non essere un robot e di aver dato importanza e priorità a tutto e tutti dimenticando completamente se stessa.
Comprende che se non cura se stessa non avrà energie per aiutare e sostenere la sua famiglia, crescere i propri figli e lavorare come vorrebbe. Aveva sbagliato l’ordine: aveva messo prima i doveri e dopo se stessa.
Ora le è chiaro che per gestire e godersi la propria vita quest’ordine va invertito: prendersi cura di sé, rallentare il ritmo, dire di no a qualche richiesta in più e coinvolgere gli altri nella condivisione delle cose da fare, delle sue preoccupazioni e delle responsabilità sono tutte scelte fondamentali per poter funzionare come donna, madre e moglie.
Ah! E RESPIRARE mentre fa tutto questo ovviamente.
È un’idea semplice e al tempo stesso rivoluzionaria che all’inizio costa fatica ma poi porta con sé una tale quantità di conseguenze positive e di piccoli miracoli che ne vale la pena. Perché la verità che Matilde scopre è che dipende molto più da se stessa, da come vuole fare le cose, dai pensieri che fa. Scopre che ha più potere sulle situazioni di quello che pensava.
Matilde non l’avrebbe mai creduto possibile ma rallentando e condividendo le responsabilità sta riuscendo ad assaporare i piccoli e grandi regali quotidiani. Due piccioni con una scelta.
Ora Luca si alza prima e l’aiuta a preparare la colazione: bevono insieme il primo caffè, in silenzio, con gli occhi ancora chiusi e ogni tanto ridono l’uno dell’altro. È diventato un momento tutto per loro e li mette di buon umore già dal mattino.
Si ricorda di respirare davanti al computer una volta ogni tanto e le idee scorrono più fluide e la testa resta leggera tutto il giorno.
La sera è ancora stanca ma non tutte le sere nello stesso modo. E soprattutto il nervosismo è quasi sparito… così riesce a godersi le cene in famiglia prima di sprofondare sul divano.
E indovinate un po’? I bambini vanno a letto più volentieri, fanno meno storie.
Ora l’attenzione si è spostata verso le cose che contano, contare fino a 3 prima di svegliare i bambini e godersi i loro visi di seta mentre dormono, ad esempio. La routine non è cambiata molto da prima, è cambiato qualcosa di molto più importante: è diverso lo sguardo con cui osserva le sue giornate, l’attenzione si concentra su altre cose.
E io mi godo tutto questo perché il privilegio della mia professione è proprio questa: guidare le persone attraverso piccoli e grandi cambiamenti e gioirne con loro.
Quali sono le cose davvero importanti per te?
Ricorda: si può fare, dipende solo da te.

Superare il lutto da rientro e continuare a sentirsi in vacanza
Quando ero ragazzina passavo le estati in un paesino in montagna che si chiama Pragelato: mio padre era un grande amante della montagna, avevamo un piccolo monolocale vista bosco in cui ho vissuto momenti indelebili.
Oltre all’aria buona e al verde tutt’intorno a me, ciò che apprezzavo davvero (da brava adolescente) era la totale libertà che acquisivo per tutta la permanenza lì: giornate intere sulla bicicletta, nei prati, nei boschi con gli amici, senza grandi restrizioni di orari, tornavo a casa giusto per mangiare e poi di nuovo fuori, anche di sera.
Questo accadeva perché a Pragelato i miei genitori mi pensavano al sicuro e mi lasciavano uno spazio di movimento che a Torino potevo solo sognare.
Ogni volta che agosto finiva e dovevamo tornare a casa, ero sempre triste e salutavo gli amici come se stessi partendo per un altro continente. La cosa incredibile è che anche loro abitavano a Torino: sarebbe stato sufficiente una telefonata per incontrarci anche lì. Invece in tanti anni non è quasi mai successo: era come se tutti noi avessimo una doppia vita, in città non c’era spazio per gli “amici della montagna” anche se per due o tre mesi avevamo trascorso insieme quasi 15 ore al giorno.
Ed è proprio così che funziona: quando siamo in vacanza concediamo spazio e vita a delle parti di noi che nella nostra vita quotidiana sono “rinchiuse in cantina”. Sono parti più spensierate, leggere, allegre, conviviali, passionali: come i miei genitori, ci sentiamo al sicuro nel lasciarle libere perché in vacanza non possono fare danni, non può capitarci nulla di male se non puntiamo la sveglia una mattina.
Al ritorno a casa però tornano dritte al loro posto per evitare che la nostra vita venga travolta dalla nostra voglia di giocare e di non avere pensieri. E lì restano fino al prossimo viaggio, fino al prossimo “mangio il dolce, tanto sono in vacanza..”, “mi metto quel vestito, tanto sono in vacanza..”, “… tanto sono in vacanza”.
Così tornare a casa diventa un momento un po’ triste: la nostra spensieratezza non ne vuole sapere di tornare in cantina!
L’errore quindi non è tornare a casa, la soluzione non è vivere in vacanza.
Perché il rientro a casa non sia un trauma, hai bisogno di rendere più colorata e leggera la tua vita di tutti i giorni: hai bisogno di trasformarla in un luogo in cui ti piaccia vivere.
Ecco alcune domande che possono aiutarti a fare i primi passi:
– Quali sono le cose che in vacanza ti concedi e a casa sono proibite?
– Se dovessi descrivere te stesso in vacanza con tre parole, quali useresti?
– Fai una lista di tutte le attività che ami fare in vacanza, di tutti i tuoi “tanto sono in vacanza”
– Scegli una voce della lista: quella più semplice da realizzare anche a casa e trova un modo per darle uno spazio nella vita di tutti i giorni.
Ad esempio, se nella tua lista hai scritto “fare colazione con calma al bar”, organizzati in modo da riuscire a farlo anche in un giorno lavorativo.
Oppure se hai scritto “passare molto tempo con gli amici”, chiamali e stabilite un appuntamento fisso, come un rituale, per vedervi anche una volta tornati a casa.
Quando sei in vacanza i problemi ti scivolano via e riesci a non pensarci? Chiediti come fai… perché se lo sai fare in vacanza, ti assicuro che hai le risorse per farlo anche a casa.
Insomma, trova dei modi semplici e piccoli per dare spazio ai tuoi “Sè da vacanza”, non chiuderli in cantina!
Prendila morbida!

3,2,1 Primavera!
La Primavera è senza dubbio la mia stagione preferita.
Adoro la sensazione di risveglio e di ritorno della vitalità che l’accompagna. Per questo ogni anno la “faccio arrivare” prima del 21 marzo, cerco una giornata più calda del previsto per decretare il “mio inizio di Primavera”. Quest’anno per la precisione il mio equinozio è stato il 26 febbraio, come puoi notare dalla foto: quel giorno ho deciso che il cielo e il clima non rispecchiavano più l’inverno.