Autostima. Se immaginiamo Google come un bibliotecario, possiamo pensare al libro Autostima come tra i più richiesti in assoluto, che lo costringa a fare avanti e indietro dagli scaffali al banco di consegna libri infinite volte al giorno per le richieste che riceve.
Di sicuro è una parola che noi ripetiamo spesso. Che cerchiamo, ci auspichiamo, ne invochiamo la crescita o ne malediciamo l’assenza.
Ma che cos’è in concreto?
Definizione di autostima
L’autostima è la stima, l’accettazione benevola che ho di me, proprio per come io sono, non legata a specifiche competenze o capacità ma indipendentemente dalle cose che faccio e dai risultati che raggiungo.
Non coincide con un determinato modo di fare ed essere.
Non coincide neppure con la tanto invocata sicurezza di sé.
E tanto meno coincide con un giudizio su di sé e sulle proprie competenze.
A proposito: attenzione a usare questa parola, giudizio! Il termine giudizio ci richiama sempre, in modo consapevole o meno, un voto. I tanti anni trascorsi sui banchi di scuola gli hanno dato un sapore di valutazione: bene, non bene.
Facciamoci un favore: evitiamola.
La definizione che ho dato adesso forse ti sembrerà un po’ confusa ma niente panico: la svelerò un passo alla volta e la capirai talmente bene che ne vedrai un suo riflesso (piccolo o grande che sia) in te.

Autoefficacia e autostima
Vediamo ora la carta d’identità dell’autostima, cerchiamo insieme i suoi aspetti particolari così da scorgerne i suoi semi in noi o almeno capire come piantarli per farla crescere.
Dopo oltre diciotto anni di esplorazione della crescita personale e almeno una dozzina di anni di lavoro a tempo pieno nel settore del coaching posso dire con assoluta certezza che:
- una persona non passa dal non avere autostima all’averne
- una persona senza autostima non è priva di talenti o capacità
Partiamo dal primo punto. L’autostima non è un oggetto che si ha o non si ha ma è un processo di costruzione, di consapevolezza di sé.
Stimare se stessi è una consapevolezza, una posizione, che può aumentare nel corso della nostra vita e certamente non è una cosa di cui siamo totalmente privi, a meno di patologie o gravi e seri traumi.
Una persona con una vita normale, nulla di eccezionalmente disastroso o fantastico, ha sicuramente degli ambiti della vita in cui si sente bene; realtà, azioni, ambienti dove si muove con maggior tranquillità e sicurezza.
In altri termini, sa che in quelle situazioni è autoefficace (detto terra terra: se la cava).
L’autoefficacia è il pensiero di sapere fare alcune determinate cose; è la stima che ho di me rispetto a quello che so fare, siano esse molte o pochissime. Fosse anche solo saper rifare bene e velocemente i letti alla mattina.
C’è differenza con l’autostima. E grazie a questa differenza iniziamo a vedere i primi contorni per definire meglio l’autostima: non ha a che fare con competenze o azioni in cui riesco, perché qui saremmo nel campo dell’autoefficacia.
Ha a che fare con la stima di me per come io sono nel mio complesso, indipendentemente dalle cose che faccio, dalle mie competenze, dai risultati che ottengo.
Ripeti con me:
indipendentemente dalle cose che faccio, dai risultati che ottengo e da quello he pensano gli altri.
Convinzioni errate sull’autostima
C’è un’idea fuorviante di ciò che caratterizza una persona con una buona autostima.
Questa di sicuro non ha mai:
- paura
- momenti di debolezza o di confusione
- fragilità
ma è una persona che:
- sa sempre cosa vuole e le giuste risposte
- ha le idee sempre molto chiare
- è centrata, piena di energia, volitiva
- sa dove andare e perché
Pensaci bene, abbiamo appena descritto Wonder Woman o Superman.
Anzi, neppure loro, perché in realtà di dubbi gliene nascevano almeno un paio in ogni puntata.
L’autostima non è l’invincibilità, la scelta ponderata e perfetta, la resistenza stoica ad oltranza, la certezza granitica.
Anzi è proprio vero il contrario: le persone con una sana autostima hanno dubbi, paure, momenti di confusione e di insicurezza. Semplicemente accettano che tutto questo faccia parte di loro e non ne fanno una tragedia: hanno una fiducia di fondo, sanno che, prima o poi, ne verranno fuori.
Le distorsioni cognitive: capacità che ci sono ma non le vediamo
Passiamo ora al secondo punto, davvero molto importante e su cui spesso si cade in errore: il fatto di avere poca autostima non coincide con il non essere in gamba, con il non avere risorse.
Non è affatto un’equazione perfetta.
In realtà semplicemente non le vediamo, le oscuriamo, abbiamo messo il filtro “no” sulle nostre capacità, sui nostri pregi, sulle nostre competenze. Quindi non saltano mai agli occhi e non ci convincono.
Hai presente i filtri di excel? O di un sito di ricerca on line.
Se non metti la spunta su un’ipotetica voce “risorse, capacità, bravura, competenze” excel o il motore di ricerca non mostrerà quella voce lì.
Quindi cosa rimane, cosa finirà per mostrarti? Le voci che hanno a che fare con le sfighe, il nulla, ciò che non ti riesce.
Cioè tutto il resto che non è “risorse, capacità, bravura”.
Pura logica.
Magari i risultati che sarebbero saltati fuori con il flag su “risorse, capacità, bravura, competenze” sarebbero stati 1001 e quelli che risultano da incapacità solo 10 quindi, irrisori.
Ma hai selezionato la seconda e vedendo solo quei 10… pensi sia il tutto. Che esistano solo quelli.
È un modo un po’ cieco di guardare le cose non credi?
È come fare il bilancio delle tue finanze senza metterci dentro le entrate: sono solo tutte uscite, perdite. Aiuto siamo in bancarotta!

I segnali dell’autostima
Quando una persona inizia ad aumentare l’autostima inizia ad avere coraggio e pian piano a notare le proprie risorse.
Qui inizia il vero cambiamento epocale.
Sentire di avere delle risorse, riuscire a osservare i propri successi e la propria forza negli insuccessi; la capacità di rialzarsi e magari cambiare strada, prendere quella giusta o comunque tentare un’altra via, testimonia una presa di conoscenza del proprio valore.
Testimonia che la scalata dell’autostima si è avviata.
Le paure ci sono (non averne mai è da incoscienti), rimangono ma contemporaneamente si ha fiducia di poterle affrontare.
Nei miei percorsi di coaching, individuali o di gruppo, uno dei primi segnali che noto di autostima in salita è proprio l’affiorare del coraggio e della fiducia.
Ecco un esempio davvero classico in cui mi imbatto spesso nelle persone che lavorano sull’autostima: non gli piace il lavoro che fanno ma non inviano cv, non cercano alternative, sono bloccate da mille paure.
Paura di non essere accettate, rifiutate, che il nuovo lavoro sia peggio del precedente, troppo lontano, troppo vicino, troppo o troppo poco.
I no in particolare sono scogli enormi, il solo ipotizzarli come risposta fa sì che l’azione di cambiamento, di ricerca del lavoro neanche si avvii.
Il primo segnale che vedo di cambiamento, nell’esempio sopra riportato, è l’invio di un cv, la risposta a un annuncio. Una piccola azione. Una presa di coraggio insomma.
Una persona che si rafforza avrà sempre più coraggio ad affrontare un no, a sbagliare, a prendere porte in faccia. Ci rimarrà male? Ma certo che sì!
Io davanti a ogni ostacolo e crollo che ho incrociato non ho fatto i salti di gioia né ho mantenuto sempre un atteggiamento serafico e compassato!
Anche io, come tanti, ho pianto talvolta (non hai idea di quante lacrime i miei occhi siano in grado di produrre!), magari mi sono anche concessa pure giorni di sconforto.
Ma il risultato di un cammino come quello che ti ho appena descritto, in cui ci si rafforza pian piano è che dai momenti di stallo saprai uscirne fuori. Li incontrerai ma non rimarrai lì dentro.
Dentro di te saprai che potrai venirne fuori, che troverai un modo, una qualche via per rimetterti in moto.
E che non crollerà alcun muro sulla tua testa.
Se l’autostima è un tema che ti interessa e vuoi sapere quali sono secondo me i due passi, i due tratti che ci si deve concedere per andare alla sua conquista ti invito a dedicare altri cinque minuti alla lettura di un articolo: come si costruisce l’autostima.
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